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Le Chiese di Bernalda

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Chiesa di S. Bernardino da Siena - sec. XVI

(foto A.Tanzariello)


Testo di Franca Digiorgio

Nel 1497 con lo smembramento del feudo di Camarda dalla Contea di Montescaglioso, Bernardino De Bernaudo ormai legittimo possessore dell'antecedente Bernalda dispose la ricostruzione dell'abitato, che con ogni probabilità era stato distrutto durante le invasioni dei Francesi del 1501 o del 1528, riferendoci a quanto tramandatoci da Filippo Ambrosano nella sua Historia Civica.
L'abitato iniziava a prendere forma nei primi decenni del XVI secolo e contemporaneamente la sua popolazione decideva di denominarla Bernauda, per gratitudine nei confronti del loro feudatario. Così pur esistendo la vecchia Cappella di S. Donato, nella difesa omonima a circa un miglio dalle abitazioni, si rendeva necessario costruire una Chiesa che fosse più vicina e anche più degna del nuovo duca. E nel 1530, secondo quanto affermato dal clero locale nel 1726, il duca Bernardino De Bernaudo con solerzia del suo popolo edificava la Chiesa Madrice, che decisero di intitolare a San Bernardino da Siena, adottato anche come protettore del paese al posto del precedente S. Donato.
Essa era posta di fronte al castello. Dal manoscritto che descrive la visita pastorale dell'arcivescovo Saraceno del 1544 si rileva che la Chiesa Madre aveva oltre all'altare maggiore dedicato a S. Bernardino, altri tre altari con rispettive cappelle dedicate a Santa Maria Maddalena, all'Annunziata e a San Giovanni Battista oltre al Battistero. In questo primo documento da cui si possono desumere notizie su questa Chiesa non è esplicitato l'impianto o la dimensione della stessa, né ci sono tracce del campanile attualmente esistente.
Nel 1726 il Vescovo Giuseppe Maria Positano chiese che fosse redatto un inventario della parrocchia. Dal suddetto si apprende che all'epoca il duca della Terra di Bernalda era il barone Francesco Navarrete, che dimorava nel palazzo baronale sito di fronte alla stessa chiesa, ed entrambe gli edifici si affacciavano nella piazza vecchia (odierna Piazza di San Bernardino da Siena).
La chiesa era a due navate una centrale, a cui si accedeva da una porta maggiore e, una navata laterale che aveva un altro ingresso secondario e più piccolo, sopra la porta maggiore c'era una finestra circolare a ricordo del tradizionale rosone romanico. Il soffitto era un tetto a due falde di legno, mentre sul coro, ad oriente, il tetto era "lammiato". Sul fondo del coro c'era un quadro, con una cornice dorata, raffigurante la Maria Vergine della Scala, San Pietro e San Bernardino da Siena. Nel coro erano disposte circa ventidue sedie per i sacerdoti e quattro per i diaconi e chierici.
In totale la chiesa contava sette cappelle e otto altari, sul lato orientale vi erano le cappelle con i rispettivi altari, ad occidente i cappelloni del Santissimo Rosario e del Purgatorio in linea con il campanile, che impediva la formazione di una terza navata. Sul lato sinistro, quindi, accanto al campanile c'era il cimitero fatto ad opera e spese del rev. Giuseppe Bellantuono, ma mai completato. Comunque sotto la Chiesa c'erano già due cimiteri, che come riportano alcune carte sparse dell'Archivio Parrocchiale di Bernalda, erano uno sotto il Presbiterio in medio cori e l'altro dove ora è il Battistero, riservato ai bambini battezzati o che morivano entro il settimo anno di vita.
La fatiscienza della Chiesa e le sue modeste dimensioni, con cui aveva dovuto servire una popolazione di circa 2.000 anime nel 1600, poi di 7.000 anime nel 1800, avevano costretto il clero ad intraprendere continue opere di trasformazione. La maggior parte degli interventi, oltretutto più visibili, sono stati realizzati nel XIX secolo apportando alla Chiesa una serie di aggiunte e superfetazioni, derivanti tutti dall'unico obbiettivo di renderla un po' più ampia, essendo però costretti sempre ad operare nella limitata ristrettezza economica.
Una ricca cartella, conservata nell'Archivio di Stato di Potenza, raccoglie documenti e lettere risalenti all'epoca che va dal 1819 al 1860, in cui sono riportate esattamente le dispute tra i Decurioni e gli Intendenti di Basilicata, che hanno poi determinato le sorti della Chiesa di S. Bernardino ordinando ricostruzioni e abbattimenti con l'apporto dei tecnici incaricati dei vari progetti, e le lagnanze dei cittadini interessati alla loro parrocchia.
Le vicende suddette, riguardanti la Chiesa Madre e relative appunto al XIX secolo, hanno avuto inizio nel 1815 con l'arrivo in Bernalda di alcuni monaci missionari fasulli, che con zelo e fervore riuscirono a convincere il popolo bernaldese, affinché fosse costruita una nuova Chiesa perché quella esistente era ridotta a tugurio e inadeguata per una vasta popolazione di più di 4.000 anime.
L'intento dei monaci travestiti era quello di farsi contribuire una somma annua di 1.000 ducati, affidando la deputazione all'economo curato dell'epoca, don Giamberardino Dell'Osso. I cittadini entusiasti del progetto di vedersi muniti di una più bella e grande Chiesa, si fecero convincere addirittura ad abbatterne un terzo, la parte migliore, l'unica Cappella detta del Rosario grande. Intanto delle offerte raccolte per gli interventi e gestite dall'economo e da alcuni suoi diletti, una parte, ossia 80 ducati, fu usata per pagare un loro amico ingegnere, affinché facesse un progetto della nuova Chiesa e la rimanente lo sa il solo Economo Curato, li Compagni e l'Onnipotente.
Quando nell'anno successivo ritornarono i missionari, con l'intento di portare a termine il loro progetto, furono ringraziati e rimandati via per la difficoltà di riuscire a reperire altro denaro dai cittadini.
Successivamente quando ricorse la necessità di farsi delle riparazioni alla Chiesa, ci furono delle dispute sulle competenze economiche del clero e del Comune. La gente continuava a seguire i sacri uffici in locali quasi diruti, mentre il parroco anelava ai fondi comunali per le riparazioni e il sindaco Filippo Ambrosano rifiutava in ricordo degli eventi che portarono al crollo della Chiesa. La negligenza del curato, che comunque era incaricato della raccolta dei contributi dei cittadini per la nuova Chiesa, aveva determinato la demolizione del Cappellone inizialmente e poi, lo smantellamento del tetto, non accertandosi preventivamente della necessità di tali interventi e non richiedendo nemmeno il consenso alle autorità. Il rifiuto del sindaco ovviamente fu diffuso come un'opposizione alla ricostruzione della Chiesa, scatenando i fervori cittadini.
Nonostante le perizie fatte i lavori non furono avviati perché nel frattempo si rafforzava l'idea di contravvenire all'incapacità della vecchia Chiesa con la costruzione di una nuova. Infatti lo stesso Arcivescovo di Acerenza e Matera intervenne presso il Sotto Intendente con la proposta di costruzione di una nuova Chiesa dato il numero sempre crescente della popolazione che negli anni Trenta aveva raggiunto le 5.000 anime.
Il paese già nel XVIII secolo aveva intrapreso un ampliamento subito fuori dalle mura, creando i Rioni S. Rocco (intorno alla Chiesa omonima) e Carrera (intorno alla Chiesa di S. Gaetano) e proprio nei primi anni del XIX secolo l'espansione aveva interessato non solo il Rione del Giardeno (presso il Convento dei PP. Riformati), ma un Decreto Legge del re Ferdinando II aveva concesso nel 1830 l'autorizzazione a costruire un nuovo borgo proseguendo sempre verso Nord. Da questo stato di cose alcuni ritennero che sarebbe stato più opportuno costruire la nuova Chiesa nella zona verso cui il paese si estendeva, sia per un maggior agio dei cittadini abitanti nei nuovi borghi, sia perché nel rione vecchio non sarebbe stato possibile adattare un suolo a tale progetto, essendo ormai saturo di abitazioni ed essendo poco conveniente abbattere se pur delle vecchie case per liberarne il suolo.
Il Decurionato riunito appunto nella seduta del 12 marzo 1836 deliberò che doveva mantenersi ferma l'idea di ristrutturare la vecchia Chiesa di S. Bernardino prevedendo inoltre il più volte richiesto ampliamento, acquistando per 700 ducati un magazzino, adiacente alla Chiesa, del sig. Antonio Padula, che già si era detto disposto a venderlo. In questo modo si sarebbe avuto una Chiesa con le adeguate dimensioni di 105 palmi per la lunghezza della navata e 37 palmi per la larghezza, con 48 palmi per il Coro e il Presbiterio; e in più con l'abbattimento delle tre cappelle di 40 palmi di lunghezza e di proporzionata larghezza si sarebbe ottenuto dell'altro spazio nella parte opposta alla navata da cui ricavare altri altari, contenendo le spese, incluso l'acquisto del magazzino citato, in una somma inferiore ai 10.000 ducati. In questo modo, mantenendo anche lo stesso sito e utilizzando i materiali di scarto ricavati dagli abbattimenti, si poteva ricavare un risparmio rispetto alla cifra, che sarebbe stata necessaria per l'acquisto di un nuovo suolo e di altri materiali, considerata non inferiore ai 12.000 ducati. Inoltre si ritenne inutile la costruzione di una Chiesa nel nuovo borgo data l'esistenza in esso non solo delle vicine chiese di S. Rocco e S. Gaetano, ma anche di quella di S. Antonio appartenente al Convento dei PP. Riformati.
Negli anni successivi fu ordinato dall'Intendente di Basilicata di redigere il progetto per le riparazioni da effettuare alla Chiesa e per il suo ampliamento, l'ingegnere Durante fu così incaricato del lavoro, stabilendo di 13.700 ducati la spesa complessiva per le opere da eseguire, incluse anche le spese per l'esproprio di alcune case adiacenti per il previsto ampliamento.
Solo nel 1847 dopo una perizia fatta dai muratori locali, da cui risultò che per 2.244,84 ducati si poteva pensare o di ristrutturare o riedificare la vecchia Chiesa, si richiese l'autorizzazione ad intraprendere le più urgenti opere di ristrutturazione.
Ma gli avvenimenti del 1848 costrinsero il popolo bernaldese e, non solo, a dimenticare per un po' di tempo le vicende della Chiesa, che riemersero nel 1853.
Infatti riportati di nuovo i problemi della Chiesa all'attenzione degli Organi preposti, l'ingegnere Direttore delle Opere Pubbliche di Basilicata, non considerando adeguato basare gli interventi su progetti di semplici periti, affidò l'incarico di redigere un progetto completo di ristrutturazione e ampliamento della Chiesa Madre all'architetto Antonio Ferrara.
Dopo l'affidamento dell'incarico il 4 febbraio 1853, l'architetto Ferrara si recò subito sul posto per un rilievo dello stato attuale della Chiesa e per stilare così il nuovo progetto, che fu approvato dall'ingegnere Direttore delle OO.PP. di Basilicata il 12 agosto 1854.
Dal confronto delle varie descrizioni e piante riportate negli ultimi progetti con lo stato odierno della Chiesa si desume che in realtà mai furono realizzati i propositi di un ampliamento della stessa.
Sicuramente, poi, nella necessità di ricavare spazio per l'ampliamento della parte usufruibile dai fedele, il coro era l'ambiente che più si prestava ad una riduzione, avvenuta in minima parte durante le frammentarie opere della prima metà del XIX secolo, che hanno semplicemente creato uno spazio aperto e più fruibile.
Mentre un più rilevante intervento fu commissionato da don Pietro Stigliano negli anni '20 del secolo corrente, quando il parroco predispose l'arretramento dell'altare sotto l'arcata del coro e la costruzione della balaustra che segnava la delimitazione del presbiterio. Lo stesso Stigliano ordinò al pittore locale Sampietro un pannello con un dipinto che sarebbe stato posto nell'abside a coprire un più antico nonché originale affresco, ma sicuramente già in cattivo stato, che comunque è ancora visibile sulla parete di fondo dell'abside. Sempre del Sampietro è il quadro di Santa Lucia fatto fare per l'altare omonimo posto nel lato destro della Chiesa.
A quest'ultima epoca di lavori corrisponderebbero anche le modifiche su tutto il lato destro della Chiesa, dove dalle visite pastorali si rileva fossero sempre esistiti i tre altari di S. Giovanni Battista, proseguendo, della Santissima Annunziata e di Santa Maria Maddalena, mentre in fondo alla Chiesa, per tutta la lunghezza del coro, era disposta la Sacrestia. In realtà, mentre all'epoca del progetto dell'architetto Ferrara nel 1853 dalla pianta dello stato di fatto appare ancora riconfermata la descritta disposizione, con l'arretramento dell'altare, avvenuto appunto in questo secolo, il locale della Sacrestia fu ridotto e da questo fu ricavata una stanza che tuttora contiene un presepe permanente, trasportato in loco dal Convento soppresso dei Riformati e, un altro altare. Mentre la Sacrestia fu costruita in aggiunta sul lato sinistro della Chiesa, occupando una parte del vecchio cimitero, dove sempre accanto alla navata laterale sinistra fu costruito anche il Battistero, unito così al campanile.
Successivamente negli anni '50 il parroco dell'epoca, don Fumarola, utilizzando i fondi disposti da una legge specifica per i danni di guerra, diede inizio ad altri lavori che però interessarono principalmente la parte esterna della Chiesa Madre. Giunto subito dopo il nuovo parroco don Giuseppe Eufemia poterono essere completati i lavori intrapresi, che riguardavano il rifacimento della facciata principale della Chiesa, alla quale fu innalzato il timpano e oscurato il rosone, avendo predisposto in corrispondenza lo spazio per l'organo a canne e, l'aggiunta di un altro livello al campanile che doveva terminare inoltre con una cuspide.
Si può ritenere travagliata la vicenda della Chiesa Madre, ma ancora più sconcertante è stata la scarsa fruttuosità dei dissidi che per essa ci sono stati, fortunatamente non è stata del tutto demolita né in quel lontano 1815 né successivamente a seguito delle stravaganti idee di rinnovamento. Certo è che le sue vicende hanno stimolato la curiosità di chi ancora tenta di intravedere i segni delle epoche passate o le origini che per alcuni restano ancora oscure, volendole attribuire ai secoli precedenti il XVI, infine rimane l'immagine del suo Cappellone, che può continuare ad essere solo un'immagine formatasi dai documenti che di essa ci parlano, pur potendo anche in parte intravedere le sue probabili fondamenta.
Chiesa dell'Immacolata Concezione - a.1732

(foto N.Colucci)

Testo di Franca Digiorgio

Una lapide posta sul fronte della Chiesa dell'Immacolata Concezione testimonia la sua costruzione avvenuta nel 1732, ad opera del Cantore don Francesco e di don Berardino Fischetti, di fronte al loro palazzo nella via principale poco distante dal castello, così per onorare tale famiglia la cappella è tuttora denominata "di Fischetti".
Durante la visita del 1740, per cui Mons. Lanfranchi mandò due Canonici materani, si apprende che questi furono molto compiaciuti delle buone condizioni della Chiesa e della solidità della sua costruzione, condizioni che si continueranno a riscontrare anche nelle visite pastorali successive. La detenzione della Chiesa di "Fischetti" da parte di un privato le garantiva comunque una manutenzione sicura e costante al contrario dell'impegno del Clero interessato per lo più al privato sfruttamento delle rendite parrocchiali detenuti in "cassa comune".

Chiesa della Madonna del Carmelo - sec. XVI

(foto G.Campagna)

Testo di Franca Digiorgio


Sulla via principale (odierna Corso Italia), che dal castello conduceva alla porta maggiore, che ormai non esiste più, c'è la Cappella della Madonna Del Carmine, che nel 1544 era in costruzione ed ancora senza copertura. Ad essa faceva capo una confraternita, pur appartenendo al Capitolo parrocchiale. La Chiesa del "Carmine" aveva un campanile con una campana e un solo altare. Ma nel 1726 dall'inventario redatto per la parrocchia di Bernalda, si apprende che erano in atto le opere necessarie al suo ampliamento non ancora ultimato alla fine dello stesso secolo.
Nella seconda metà del 1800 per la Chiesa della Madonna del Carmelo furono nuovamente intrapresi interventi di restauro sotto la direzione ed a spese del Cantore don Domenico Dell'Osso, appartenente ad una nobile famiglia bernaldese, così fu realizzata anche una cripta per l'altare maggiore e modificato il campanile, che assunse le attuali sembianze.

Chiesa di San Rocco

(foto N.Colucci)

Testo di Franca Digiorgio

Nel 1544 è attestato che subito fuori dalla porta maggiore sulla destra, di proprietà dell'Università ma senza introito, c'era la Cappella di San Rocco. Per tutto il XVII secolo questa chiesa è descritta con un solo altare dedicato al medesimo San Rocco ed appellata saccellum per le sue modeste dimensioni. Ma nel 1716 con gli introiti della cappella del Purgatorio della parrocchia di S. Bernardino furono previsti dei lavori, e nella visita pastorale del 1726 essa compare con due altari quello maggiore e uno nuovo dedicato a S. Filippo Neri, per il quale l'Arcivescovo ordinò la riparazione della parte di tetto sovrastante l'altare.
Nel 1796 l'avv. Filippo Ambrosano di Bernalda si adoprò per fornire la chiesa di una statua di S. Rocco fatta fare dal celebre statuario Giuseppe Attanasio, e per realizzare il desiderio del signor Domenico Annese che a sue spese aveva pensato anche di ampliarla. Le condizioni della chiesa erano peggiorate per l'acqua che si raccoglieva intorno ad essa e proveniente dalla pianura soprastante, per questo era stata avanzata l'ipotesi che fosse ricostruita in altro luogo. L'intervento dell'Ambrosano mirò a convincere il barone Navarrete a concedere, pur senza alcuna reale legittimità, di destinare lo spazio circostante la chiesa per l'ampliamento della stessa.
Chiesa di San Gaetano - sec. XVII

(foto N.Colucci)

Testo di Franca Digiorgio


Nel XVIII secolo nelle varie visite pastorali compaiono altre Chiese, costruite per lo più "per concorso e devozione del popolo Bernaldese".
Poco distante dal largo antistante il Convento dei P.P. Riformati si trova la Chiesa di S. Gaetano, anche detta della S. Croce, per la statua in legno in essa presente. Questa Chiesa con ogni probabilità fu costruita inizialmente come cappella votiva fuori dalle mura della città nel XVII secolo, come attesta l’immagine dell’abate Pacichelli, che riporta extra moenia cinque Chiese, due appartenenti ai Conventi francescani, quella di S. Donato, di S. Rocco e una più piccola, sulla strada d’accesso al pianoro del paese, identificabile come quella di S. Gaetano.
Quando nel 1700 la Chiesa di Santa Maria delle Grazie (attualmente inesistente, ma ubicata all’epoca lungo l’odierno Corso Italia) fu abbandonata vi recarono, in questa, la statua della Maria Vergine, inoltre da un inventario pastorale del 1726 si rileva che oltre all’altare della Croce, con la statua della Madonna, c’era anche l’altare dedicato a S. Gaetano con una sua effigie su tela, che doveva essere un polittico perché recava accanto l’immagine di S. Andrea Avellino, fatta "a devozione" e in memoria dell’arciprete Domenico Tancredi, e sopra c’era l’immagine di Maria Vergine della Purità.
La Chiesa inoltre aveva due ingressi uno rivolto ad occidente ed uno a mezzogiorno ed era sovrastata da una torre campanaria con una campana.
La suddetta Chiesa essendo priva di una buona rendita non risultava, nelle visite pastorali, in buone condizioni e sempre adorna, cosicché, dopo un periodo di semi abbandono, alla fine del XVIII secolo fu ripristinata da un privato, FrancescoSisto, che provvide a far sistemare l
’altare di S. Gaetano aggiungendovi anche una statua dedicata allo stesso Santo.
Chiesa e Convento di Sant'Antonio - a. 161

(foto A.Tanzariello)

Testo di Franca Digiorgio

Il secondo, in ordine di tempo, insediamento francescano avutosi a Bernalda è del 1615 dei P.P. Minori Riformati, Congregazione sorta dopo la Riforma di Basilicata del 1593, da cui si formarono le due Provincie dell’Osservanza e della Riforma.
Il Convento dei P.P. Riformati fu costruito su richiesta dell’Università di Bernalda, pur se con reticenze da parte dei Conventuali già presenti sul territorio e precisamente ad un centinaio di metri dal luogo scelto per il nuovo insediamento che, a sua volta, era ad un centinaio di metri dalla porta maggiore del paese. In definitiva il Convento fu edificato con l’assenso dell’Arcivescovo di Acerenza e Matera, fra’ Giovanni Spilla, con un impianto quadrangolare avente un chiostro centrale con doppio ordine di arcate a tutto sesto, tre per ogni lato e una Chiesa adiacente.
Secondo le notizie tramandateci dall’Anonimo bernaldese nella sua Historia inedita, fu costruito nel giro di due anni con obolo spontaneo di tutti i cittadini e concorso dell’Università che assegnava £. 170 annui per le spese di culto ...e dedicato a S. Antonio da Padova con una estrazione per la indecisione della scelta con l’Immacolata Concezione.
La descrizione del Convento fatta dall’abate Pacichelli lo vuole ...degno di aggiungere ornamento ad una Capitale.
Il complesso dovette subire numerose modifiche ed ampliamenti che cambiarono il suo originario impianto, fu costruita la torre dell’orologio, furono aggiunti due corpi di fabbrica a Sud e fu ridefinita la facciata principale rivolta sulla piazza antistante. Il chiostro che ha subito delle alterazioni aveva sulle pareti perimetrali degli affreschi, che attualmente si possono ancora intravedere. Sul porticato del chiostro si sviluppa il corridoio di accesso alle celle, che conservano ancora oggi le stesse caratteristiche dimensionali e spaziali originarie con copertura a volta a padiglione con lunette.
A cavallo di questi ultimi vent’anni sono state fatte le ultime opere di ristrutturazione del complesso del Convento, il quale da più anni è la sede del Municipio.
La Chiesa di S. Antonio, annessa al corpo di fabbrica del convento e costruita contemporaneamente ad esso, aveva da principio una sola navata centrale. Nel 1684 sotto il Provincialato di P. Domenico da Bernalda, fu aggiunta la navata laterale destra a Nord, che in una "platea" del 1723 è denominata Le Cappelle, raggiungendo un numero di 8 altari.
Inoltre l’ampliamento previsto, come si può riscontrare nel citato documento, proseguì con l’aggiunta di un atrio alla chiesa con il coro superiore. Probabilmente questo spazio anteriore è l’attuale zona d’ingresso della Chiesa, che come una sorte di "nartece" introduce la facciata interna in cui è inquadrato il portone. Queste opere apportate da P. Bernardino Plati di Bernalda, terminarono con l’aggiunta del campanile, a pianta quadrata con sovrapposizione mista di ordini e terminante con una cuspide di gusto orientaleggiante e, un arricchimento, di molte opere letterarie, della biblioteca.
L’interno della chiesa è caratterizzato dagli elementi decorativi della volta a botte lunettata con eleganti peducci e dalle pale settecentesche degli altari laterali. L’abside è a pianta quadrata coperto da una volta a schifo. La facciata, sicuramente rimaneggiata nel 1819 ad opera di P. Carlo da Ferrandina, è lineare e severa nell’architettura, con quattro lesene di ordine gigante, che ripartiscono la superficie in tre parti, delle quali le laterali sono leggermente curvilinee. La facciata è interrotta superiormente da un cornicione aggettante sovrastato da un coronamento costituito da un elemento centrale, racchiuso da due lesene e terminante con una cimasa curvilinea, e due laterali contenenti due altrettante finestrelle ellissoidali
Chiesa e Convento di San Francesco - d. 1586

Resti della cisterna del Covento di San Francesco - d.1586
(foto N.Colucci)


Testo di Franca Digiorgio


Nei secoli XVI e XVII la presenza religiosa a Bernalda si arricchì dei Frati Francescani Conventuali prima, e dei Riformati poi.
Il primo insediamento francescano avutosi a Bernalda fu il Convento di S. Francesco di Assisi dei P.P. Conventuali, costruito probabilmente dopo il 1586, in quanto non risulta dall’elenco del P.M. Pietro Rodolfo da Tossignano (m. 1601), comunque sulla facciata di un corpo di fabbrica di pertinenza del convento è incisa la data 1601. Fu abbandonato dopo il 1630 e del tutto chiuso nel 1652 per la soppressione dei piccoli conventi emanata da Papa Innocenzo X.
Nel 1678 l’Arciv. Culminarez durante una sua visita ordinò che le rendite del Convento soppresso fossero amministrate dal Capitolo parrocchiale. In questa occasione nel Convento era ancora possibile ammirare sull’altare maggiore un grande quadro in tela raffigurante S. Francesco e i tre altari dedicati a S. Matteo, a Maria Vergine e all’Assunzione.
Ma nel 1704, ripopolato, contava quattro frati, mentre continua a rimanere oscura la ragione della sua soppressione, da non ritenersi riconducibili a quella economica come avvenne per altri conventi. Infatti i P.P. Conventuali avevano molti "tomoli" di terra di pertinenza del convento e altri intorno al paese, che procuravano loro una buona rendita.
Nel 1726 dall’inventario richiesto da Mons. Positano si deducono i miglioramenti che il Convento aveva avuto rispetto al 1678: la Chiesa annessa comprendeva quattro cappelle e cinque altari, aveva una navata centrale in cui vi era il coro, in alto al centro aveva un grande crocifisso in legno; davanti il coro dedicato a San Francesco c’era un quadro in tela e sulla sinistra, della parte australe c’erano due altari, per le altrettante cappelle, uno dedicato alla Maria Vergine dell’Assunta e l’altro alla Maria Vergine della Concezione con rispettivi quadri. Nella parte destra di settentrione c’erano altre due cappelle con rispettivi altari, uno per Maria Vergine degli Angeli e l’altro per San Matteo Apostolo, che aveva una statua in tufo.
L’inventario continua dichiarando che a quell’epoca il Convento aveva ancora le sue pertinenze al centro delle quali una cisterna, cinque celle al piano superiore e altre due abitazioni a quello inferiore, un giardino e che ...a decoro del suddetto convento vi sta un fraticello... che celebra una sola messa al giorno.
Dalla enumerazione dei suoi possedimenti risulta che il Convento aveva 16 immobili tra stalle, casaleni, cellari, magazzeni e case in più terre in varie contrade (alla Carriera vecchia, sotto la Portella, sotto l’appetto di sant’Antuono, dietro la Croce).
Ma già con la visita ordinata dall’Arcivescovo Filangieri nel 1761 si può constatare che il Convento presentava uno stato di semi abbandono e che mentre gli altri altari erano dismessi solo l’altare maggiore era ornato, un indicazione solo di un gesto di accoglienza per il Vicario Generale.
Le notizie tramandate dall’avv. Filippo Ambrosano di Bernalda confermano la bellezza della Chiesa del Convento, il quale però aveva delle ridotte dimensioni, un cortile murato e una cisterna all’interno per la conserva dell’acqua non potendo usufruire di una sorgente nelle immediate vicinanze. All’epoca in cui egli scrisse era già passato di proprietà di un privato, ossia di Don Gaetano Appio.
Nel corso del XIX secolo la Chiesa fu privata delle due navate laterali, che oltre ad ospitare le quattro cappelle, avevano delle belle quadrifore distrutte per l’ingordigia del Clero. Dopo che fu eliminato anche l’altare centrale essa fu adibita a teatro ed a deposito fino a qualche anno fa quando divenne una sala conferenze, cancellando negli anni le tracce di quella che doveva essere stata ... una delle più belle chiese che avessero esistite nel paese, se ci si riferisce alla testimonianza che l’Anonimo bernaldese riporta nella sua Istoria.
Proprio in prossimità dell’ex Chiesa di San Francesco, ossia dell’attuale sala Incontro, rimane la cisterna su citata, che fino a qualche anno fa era identificabile con un tombino posto sul marciapiede di Corso Umberto I, successivamente con le opere di miglioramento dei marciapiedi del corso fu costruita una cisterna, proprio sul tombino, a ricordo del monastero francescano ormai smembrato. Già negli ultimi anni del secolo scorso del convento non rimaneva che la chiesa con la sola navata centrale, tutto il resto era stato in parte abbattuto in seguito alla costruzione del suddetto Corso Umberto, che doveva passare centralmente al complesso francescano. Agli inizi di quest’ultimo secolo fu disposto con delibera di Giunta Municipale del 1925, che anche le scale d’accesso ai piani soprani del convento fossero abbattute, così del vecchio impianto francescano non rimangono che tre pilastri di una cisterna per l’approvvigionamento dell’acqua.
Chiesa di Santa Lucia - a. 1875 ca.

(foto N.Colucci)

Testo di Franca Digiorgio

La Cappella di S. Lucia, pur se di più recente costruzione rispetto alle altre Chiese non è l’ultima; costruita verso il 1875 dalla Famiglia Di Palma, è stata sempre officiata saltuariamente per essere del tutto abbandonata in questi ultimi anni. Al suo interno c’è un solo altare con una statua di S. Lucia, priva di particolari artistici, che si racconta essere stata acquistata dopo che a un componente della Famiglia Di Palma era apparsa in sogno la Santa della suddetta statua, per la quale fu così deciso di costruire la piccola cappella privata sita in Corso Umberto I.
Chiesa Mater Ecclesiae - a. 1979

(foto N.Colucci)


Testo di Franca Digiorgio

La Chiesa dei SS. Medici è l’ultimo edificio religioso costruito per la comunità bernaldese, in una zona che in quegli anni era in continua espansione. Il titolo di SS. Medici è quello più comunemente usato per questa Chiesa, pur essendo, invece, "Mater Ecclesiae" il titolo istituzionale, infatti essendo stata in diocesi la prima Chiesa costruita dopo il Concilio fu denominata con tale titolo.  
L’architettura certamente insolita rispecchia le due idee fondamentali che il progettista ha inteso esprimere: l’esterno riprende la configurazione di una nave il cui timone con la prua sono rappresentati dal Campanile (aggiunto in appresso all’apertura della Chiesa), cercando di vedere in essa la barca della Chiesa che attraversa la storia; mentre l’interno sembra una tenda con l’impalcatura rappresentata dai pilastri a stella rastremati verso l’alto, che allude al pellegrinaggio ossia alla non stabilità. La dimensione inoltre, effettivamente considerata eccessiva all'epoca, della Chiesa Mater Ecclesiae è l’altro elemento che maggiormente risalta nel contesto urbano in cui è dislocata, ma in realtà la Diocesi di Matera, dopo i programmi e i fondi previsti per i Sassi materani, pensò di attribuire un progetto redatto per Matera dall’arch. Masciandaro di Roma proprio alla Parrocchia di Bernalda, che reclamava una nuova Chiesa.  
La pianta dell’edificio è trapezoidale, la struttura portante è di pilastri rettangolari in cemento armato con i muri perimetrali rivestiti in mattoni faccia vista, e con centralmente tre pilastri a stella rastremati in cima che reggono la imponente copertura a vela.  
Alla consacrazione della Chiesa Mater Ecclesiae, o più comunemente detta dei S.S. Medici, avvenuta il 30 settembre 1979 non era ancora del tutto completo il complesso previsto, infatti i lavori furono eseguiti in 15 anni e riguardarono dopo la Chiesa stessa, la sistemazione del grande piazzale pavimentato antistante con una fontana sul lato sinistro e delle aiuole per entrambi i lati. Di seguito furono costruiti i locali per la Pastorale sulla sinistra, il campanile posto sul retro dell’abside ed infine la Casa Canonica sulla destra.  
Nell’interno furono commissionate alcune opere di arredo, come la Madonna Mater Ecclesiae posta sul muro dell’abside fatta da una ditta specializzata in opere di ceramica di Grottaglie. Infatti il rilievo della Madonna è costituita da vari pezzi in ceramica del peso complessivo di circa 7 quintali e montati singolarmente agganciandoli in parte ad un pilastro di sostegno incassato nel muro.  
Il Tabernacolo posto centralmente dietro l’altare è un opera dell’Istituto d’Arte Sacra di Roma fatta di cemento liquido e bronzo.  
Il Crocifisso posto sul muro dietro l’altare sulla destra del Tabernacolo è in legno ed insieme ai pannelli dell’Ambone, che sono in terra cotta dipinti a mano, sono dell’artista Gaetano Russo giovane artista nativo di Bernalda, ma residente ed operante a Bologna.  
La nuova Chiesa divenne la seconda Parrocchia bernaldese, affiancandosi alla più antica Parrocchia di S. Bernardino.
Chiesa di San Donato

(foto di N. Colucci) ieri

(Foto di Giancarlo Fuina) oggi
Testo di Franca Digiorgio

Proseguendo per la strada che conduceva alla Difesa de’ bovi, a circa un miglio di distanza dall’abitato, c’era una cappella di campagna, ossia la Chiesa di S. Donato, che nel 1544 si presentava in buone condizioni, infatti era stata da poco fatta ristrutturare con le elemosine da Berardino de Vitella. In effetti questa Chiesa doveva essere comunque di epoca precedente alla fondazione di Bernalda, potendosi riferire la sua esistenza all’epoca dell’antico casale di Camarda, infatti in alcuni documenti è riportato che S. Donato doveva essere il protettore dell’antica Camarda fino a quando non fu scelto S. Bernardino, in onorare di Don Bernardino de Bernaudo, fondatore della stessa Bernalda.
La Chiesa di S. Donato aveva un affresco sulla parete raffigurante il medesimo Santo, come testimonia la visita pastorale del Mons. Culminarez del 1678, in cui non è riportata alcun’altra notizia. Ma già nel 1708 dopo solo trent’anni si riscontra nella visita di Mons. Brancaccia che necessitava di urgenti riparazioni, perché ormai del tutto corrosa dall’umidità. Secondo l’inventario del 1726 per cui era ...una chiesa antica, come dicono, Parrocchiale della Camarda distrutta da Saraceni..., aveva ancora un’antica effigie e una statua di legno argentato dello stesso Santo, due porte, una rivolta verso l’abitato di Bernalda l’altra verso Sud ed una sola campana.
Nel 1766 Mons. Filomarino, invece, rileva nella sua visita che ormai l’edificio è del tutto fatiscente, per l’incuria del Clero della Parrocchia di S. Bernardino. La Chiesa Madre, ossia di S. Bernardino in questo periodo era fiorente, godeva di molti beni e proventi detenuti per il solo beneficio del Clero, mentre la Chiesa di S. Donato non poteva provvedere autonomamente al suo sostentamento, non godendo né di jus patronato né di alcuna altra dote.
Solo negli ultimi anni del XVIII secolo, per interessamento del sacerdote Glionna e per i contributi dei fedeli, fu resa possibile la sua ricostruzione. Un Anonimo, che scrisse la storia di Bernalda nel 1800, racconta che nel 1775 scavando sotto un cumulo di terra si scoprì un muro che riportava l’effigie di S. Donato e che continuando l’opera si pervenne alle fondamenta dell’antica chiesa, che don Glionna provvide a far ricostruire, ma con dimensioni maggiori.
Fino al 2012 nella Chiesa di S. Donato era custodito il Carro Trionfale di S. Bernardino che in occasione della Festa Patronale d’agosto veniva ripreso per chiudere il corteo trionfale.
Nel 2012 hanno avuto inizio altri lavori di ristrutturazione della Chiesa che furono completati nel 2013 e, il 7 agosto 2013, in occasione della celebrazione della prima messa è stata consacrata e tornata ad essere utilizzata dai cittadini.

Chiesa della Madonna degli Angeli - p. sec. XVII

(foto N. Colucci)

Testo di Franca Digiorgio

Nei pressi della Chiesa di S. Donato si trova tuttora la Chiesetta della Madonna degli Angeli, che attualmente misura m. 5 x 8 circa di pianta, ma che originariamente doveva essere ancora più piccola. Nelle visite pastorali del XVI e XVII secolo non è riscontrata, se non nel 1678 nella visita di Mons. Culminarez in cui la troviamo col nome di Maria Vergine delle Nevi.
Nel 1726 è descritta all'interno con l'immagine della Madonna sul muro dietro l'altare, come era nella visita precedente, era lunga 5 passi e larga 4 circa, alta tre canne, la copertura era a falde fatte di canne, accanto c'era una casetta utilizzata da un "oblato", in più aveva una torretta per la campana e una recinzione sul davanti.
La Chiesa di S. Maria degli Angeli non aveva nessuna rendita, tranne quello che poteva ricavare da 6 stoppelli di vigna, apparteneva effettivamente al Capitolo parrocchiale e conseguenzialmente il suo abbandono per incuria la condusse quasi al crollo totale e quindi all'abbandono, che fu evitato nel 1898 quando fu demolita e ricostruita.
Durante la sua demolizione, l'Anonimo che scrisse la storia di Bernalda, ricorda che sul muro posteriore fu riscontrato sotto l'intonaco un affresco di vecchia manifattura e che, continuando a scorticare fu rinvenuto un altro affresco ancora precedente. Passando poi alle fondazioni, a seguito del loro ampliamento, si rinvenne l'esistenza di una vera e propria necropoli, forse la Necropoli degli antichi abitatori di Camarda.

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